La figura del lupo mannaro è sicuramente una parte di quel
grande circo che è l’horror che tutti noi conosciamo bene, anche se, c’è da
ammetterlo, al cinema questo fenomeno è stato molto meno sfruttato (o sfruttato
peggio) di altri. Saranno gli evidenti motivi legati alla difficoltà tecnica di
realizzazione (rispetto a un serial killer, uno zombie o un vampiro, per
citarne alcuni) o per motivi anche di moda, ma sia parlando del semplice numero
di film realizzati, quindi di mera quantità, che della qualità, le pellicole
sulla licantropia che vanno consigliate si contano sulle dita di una mano.
L’uomo lupo del 1941 per motivi storici, il celeberrimo Un lupo mannaro
americano a Londra di Landis, o quell’esperimento adolescenziale (a parer mio
riuscitissimo) che è Ginger Snaps, per citarne la quasi totalità, non
consiglierei mai Underworld se dovessi parlare di un “buon film sui lupi
mannari” (merita per altre ragioni) o tantomeno quella mediocrità che è stato lo Wolfman con Hopkins nel
2010, ma consiglierei invece Wolf (uscito come Wolf - La belva è fuori, da noi),
perché è un film che merita davvero.
La storia ci racconta di Will Randall, un importante
caporedattore a New York di una casa editrice che una sera, attraversando una
strada di campagna, investirà qualcosa con la sua auto. Sceso a controllare,
Will sarà morso dal lupo che aveva travolto, ad una mano. Questo strano
episodio passerà presto però in secondo piano, quando si prospetteranno dei seri
problemi a lavoro. Il nuovo proprietario ed editore superiore, deciderà di
cambiare i membri del suo staff, e Will sarà messo da parte. Will si
arrabbierà, sarà furioso, una furia che non credeva di possedere. Diventerà una
persona vendicativa, aggressiva, nel suo intento di riacquistare il suo posto
di lavoro. Che c’entri qualcosa, in questo suo strano comportamento, quella
strana ferita alla mano che non si decide a guarire?
Trasformarsi pian piano in un lupo mannaro è una cosa che
porterebbe chiunque di noi alla pazzia, all’irrazionalità, e chi conoscete di
più irrazionale di Jack Nicholson? E’ proprio Nicholson infatti ad essere posto
alla guida di questo Wolf, un attore impiegato spessissimo in ruoli da insano
di mente (Shining, Qualcuno volò sul nido del cuculo, il Joker nel Batman di
Burton) per via di quella sua capacità unica di catturare l'attenzione
dello spettatore anche solo con le sue mimiche facciali, si rivela anche in
questo film una scelta azzeccatissima, per un ruolo veramente da ricordare. Il
suo modo di fare, elegante di giorno e selvaggio di notte, ci propone quasi un paragone sul nostro modo di vivere, con questo tentativo di voler essere una società 'civilizzata' ma che, rimossi gli altarini, si rivela ben altro. Anche la scelta di ambientarlo
nel mondo dell’editoria, dove bisogna essere sia 'civili' che predatori allo
stesso tempo, è stata un’ottima idea. Ma tutto sommato questo non è altro che
un film sui licantropi bello e buono, con molte frecce al suo arco. Potrei
nominarvi membri del cast del calibro di Michelle Pfeiffer e James Spader o le musiche
di Ennio Morricone, ma io vi dirò solamente che questo è un buon film in
generale, che si eleva addirittura all’ottimo, nel campo della licantropia, se
siete interessati all’argomento.
Sicuramente (nel caso non lo abbiate mai visto) questa
pellicola del 1994 ad opera di Mike Nichols vi occuperà una serata in modo più
che degno, e lo farà coinvolgendovi ed intrigandovi in una storia ben
strutturata, con spunti eleganti, ma anche selvaggi, con un Jack Nicholson,
voglio ripetermi ancora, da ricordare.
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