domenica 4 ottobre 2015

Wolf: l'animale che è in noi



La figura del lupo mannaro è sicuramente una parte di quel grande circo che è l’horror che tutti noi conosciamo bene, anche se, c’è da ammetterlo, al cinema questo fenomeno è stato molto meno sfruttato (o sfruttato peggio) di altri. Saranno gli evidenti motivi legati alla difficoltà tecnica di realizzazione (rispetto a un serial killer, uno zombie o un vampiro, per citarne alcuni) o per motivi anche di moda, ma sia parlando del semplice numero di film realizzati, quindi di mera quantità, che della qualità, le pellicole sulla licantropia che vanno consigliate si contano sulle dita di una mano. L’uomo lupo del 1941 per motivi storici, il celeberrimo Un lupo mannaro americano a Londra di Landis, o quell’esperimento adolescenziale (a parer mio riuscitissimo) che è Ginger Snaps, per citarne la quasi totalità, non consiglierei mai Underworld se dovessi parlare di un “buon film sui lupi mannari” (merita per altre ragioni) o tantomeno quella mediocrità che è stato lo Wolfman con Hopkins nel 2010, ma consiglierei invece Wolf (uscito come Wolf - La belva è fuori, da noi), perché è un film che merita davvero.

La storia ci racconta di Will Randall, un importante caporedattore a New York di una casa editrice che una sera, attraversando una strada di campagna, investirà qualcosa con la sua auto. Sceso a controllare, Will sarà morso dal lupo che aveva travolto, ad una mano. Questo strano episodio passerà presto però in secondo piano, quando si prospetteranno dei seri problemi a lavoro. Il nuovo proprietario ed editore superiore, deciderà di cambiare i membri del suo staff, e Will sarà messo da parte. Will si arrabbierà, sarà furioso, una furia che non credeva di possedere. Diventerà una persona vendicativa, aggressiva, nel suo intento di riacquistare il suo posto di lavoro. Che c’entri qualcosa, in questo suo strano comportamento, quella strana ferita alla mano che non si decide a guarire?



Trasformarsi pian piano in un lupo mannaro è una cosa che porterebbe chiunque di noi alla pazzia, all’irrazionalità, e chi conoscete di più irrazionale di Jack Nicholson? E’ proprio Nicholson infatti ad essere posto alla guida di questo Wolf, un attore impiegato spessissimo in ruoli da insano di mente (Shining, Qualcuno volò sul nido del cuculo, il Joker nel Batman di Burton) per via di quella sua capacità unica di catturare l'attenzione dello spettatore anche solo con le sue mimiche facciali, si rivela anche in questo film una scelta azzeccatissima, per un ruolo veramente da ricordare. Il suo modo di fare, elegante di giorno e selvaggio di notte, ci propone quasi un paragone sul nostro modo di vivere, con questo tentativo di voler essere una società 'civilizzata' ma che, rimossi gli altarini, si rivela ben altro. Anche la scelta di ambientarlo nel mondo dell’editoria, dove bisogna essere sia 'civili' che predatori allo stesso tempo, è stata un’ottima idea. Ma tutto sommato questo non è altro che un film sui licantropi bello e buono, con molte frecce al suo arco. Potrei nominarvi membri del cast del calibro di Michelle Pfeiffer e James Spader o le musiche di Ennio Morricone, ma io vi dirò solamente che questo è un buon film in generale, che si eleva addirittura all’ottimo, nel campo della licantropia, se siete interessati all’argomento. 

Sicuramente (nel caso non lo abbiate mai visto) questa pellicola del 1994 ad opera di Mike Nichols vi occuperà una serata in modo più che degno, e lo farà coinvolgendovi ed intrigandovi in una storia ben strutturata, con spunti eleganti, ma anche selvaggi, con un Jack Nicholson, voglio ripetermi ancora, da ricordare.


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