martedì 20 ottobre 2015

Pontypool: L'orrore vero è ciò che non si vede



Originalità. Questa è una parola che fa sempre piacere sentire.
A volte, per carità, esistono anche i ‘soliti’ film che svolgono benissimo il loro lavoro, ma credo che godere di una visione originale ti trasmetta l’emozione di aver investito bene il tuo tempo di fronte allo schermo, e che ti possa ‘arricchire’, in un certo qual modo.
Pontypool (da noi colorato come ‘Pontypool - Zitto... o muori’ che, onestamente, stava anche meglio senza) è senza dubbio una pellicola molto originale, pur facendo parte di un genere inflazionato come quello dei film zombie/virali.
Canadese, del 2008, è tratto dal libro Pontypool changes everything di Tony Burgess, curatore anche della sceneggiatura di questa trasposizione.

Pontypool è una cittadina dell'Ontario, sonnolenta e tranquilla, ed è con questi stessi ritmi che si lavora nella piccola ed isolata stazione radio locale. Lo speaker è Grant Mazzy, un uomo interessante e dalla voce avvolgente, che tenta sempre di tenere vivo il ritmo della sua piccola audience con monologhi e musica ricercata. Alla stazione sono solamente in tre, Grant Mazzy, la sua assistente Laurel-Ann e la manager, la dura Sydney Briar. Quel giorno Mazzy avrà qualcosa di interessante da raccontare: quella stessa mattina, mentre attraversava la fitta tormenta di neve che imperversa su Pontypool per giungere a lavoro, si è imbattuto in una donna, malamente vestita e farfugliante. Purtroppo non è riuscito a fare nulla per aiutarla o a saperne di più, perché se n’è subito andata. Invitando la gente a riflettere sulle stranezze delle persone, anche in comunità così piccole, Mazzy cambia discorso ed apre il collegamento giornaliero con Ken Loney e il suo elicottero, per saperne di più sulle condizioni del tempo.
Ma la spensieratezza tipica di quell’abitudinario collegamento quel giorno non ci sarà, sostituito invece da orrore ed incredulità. Loney riferirà infatti di una possibile serie di rivolte per le strade di Pontypool, con un mare di persone impegnate in confusi atti di violenza e di caos.
Egli riferirà anche di numerosi morti. 



Cosa differenzia questo film di Bruce McDonald dai comuni film sulla diffusione di un qualsivoglia ‘virus’? Prima di tutto, un aspetto molto particolare di tale virus, che non posso e non voglio svelarvi, in quanto sorprendentemente originale ed architettato, mentre posso sicuramente parlarvi di un altro aspetto, non meno importante: la location.
Perché nei film zombie dobbiamo sempre essere nei panni di chi si trova completamente in mezzo all’azione? Non ci sono anche persone isolate, mentre il peggio accade? Persone su una nave al largo, per esempio. Ovviamente verrebbe da pensare che un film di questo genere sia avvincente e che possa funzionare solo vivendo la vicenda in prima persona, ma Pontypool è qui per smentirvi.
In Pontypool si vive la catastrofe attraverso le ipotesi di tre persone spaventate chiuse in un’isolata stazione radio, mentre cercano di capire, di comunicare, di saperne di più sull’esterno. La tensione e l’angoscia sono palpabili, e vengono portate da confusi comunicati e bollettini radio, dalle brevi e sconnesse telefonate di persone nei guai. La catastrofe è reale, ed è ancora più agghiacciante, perché non se ne conosce l’entità. La paura risiede nel dubbio, quando gli elementi che si conoscono non sono sufficienti per farsi un’idea, ed è qui che gioca Pontypool, e che trionfa: con il suo potere di suggestione.

Anche tecnicamente parlando, la pellicola si difende benissimo sotto tutti i punti di vista, e ci regala una performance di Stephen McHattie a dir poco memorabile, nel ruolo dello speaker Grant Mazzy.
Non voglio tessere ulteriormente le lodi di questo film, perché questa stessa pellicola mi ha insegnato che spesso si può ottenere molto anche mostrando molto poco, quindi mi fermo qui e mi limito a consigliarvela, nel caso fino ad oggi vi fosse sfuggita. 


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