sabato 31 ottobre 2015

Blindness: Il mondo al tatto



Nel mondo dei ciechi, l’uomo con un occhio solo è Re.

Questo vecchio detto lo si può trovare in varie forme (Anche l’orbo è Re nel paese dei ciechi, eccetera) e vorrebbe essere una metafora per dire che anche chi ha poco, può comunque ritenersi fortunato rispetto a chi comunque ha meno di lui, ma oggi, parlando del film Blindness, prenderemo questo proverbio semplicemente alla lettera.

Un uomo, alla guida della sua auto, improvvisamente si fermerà, scatenando l’ira della coda di automobilisti dietro di lui. Scesi a contestargli l’ingorgo, le persone però si accorgeranno che l’uomo non ci vede più, dichiarando di essere diventato improvvisamente cieco.
Ma sarà solo l’inizio.
Tutte le persone venute a contatto con lui, nel giro di pochi giorni inizieranno anch’esse a perdere la vista, con un disturbo che ha la peculiare caratteristica di presentarsi come un chiarore uniforme e perenne, che impedisce di vedere, e che presto acquisirà il nome di Cecità Bianca.
Questa malattia inizia a spaventare, e vengono prontamente allestiti dei campi di quarantena dove confinare le persone colpite, al fine di tenerle isolate dalla popolazione perché non diffondano in maniera incontrollata il contagio. Quando un uomo verrà prelevato a casa dalle autorità, in tute anti-contagio per essere condotto in uno di questi campi, anche la moglie si farà portare con lui, fingendosi cieca. Prima o poi sarà destinata a prendere la malattia anche lei, quindi non ha senso aspettare ed essere separata dal marito, e quindi si consegna, rassegnata.
Il problema è che, con il passare dei giorni, la donna non si ammalerà mai, sarà l’unica persona vedente all’interno di un ospedale riattrezzato come campo d’accoglienza, vivendo in un vero e proprio microcosmo di persone cieche, che via via diventerà un luogo sempre più pericoloso ed inospitale. Lei però, dalla sua parte, ha l’arma più potente di tutte: ci vede ancora, e nessuno lo sa.



Questo interessante film è una variante sul tema delle pellicole di stampo epidemico.
Quando vediamo un film del genere noi pensiamo sempre ad una rielaborazione della peste nera, una malattia implacabile di qualche tipo, sporca e sanguinosa nel suo sterminio, non pensiamo mai ad un virus che non uccide, ma che semplicemente ‘debilita’. Ma in Blindness è proprio questo il caso, la malattia non uccide nessuno, toglie semplicemente alle persone la vista e, forse, la cosa è ancora più spaventosa.

Il soggetto è tratto dal romanzo del 1995 Cecità di José Saramago, uno scrittore premio Nobel per la letteratura tre anni più tardi. Il film è ad opera di Fernando Ferreira Meirelles, e debuttò come film d'apertura al Festival di Cannes del 2008. In tutta onestà non credo sia però così famoso, e secondo me è un peccato. Il soggetto è veramente interessante, il film è ben confezionato, nella forma e nel contenuto e ci presenta un Mark Ruffalo ed una Julianne Moore in due ruoli molto sentiti, lo si vede chiaramente dalla loro recitazione e dall’emozione che trasmettono, soprattutto quest’ultima, a parer mio strepitosa.

Con Blindness si prende un concetto tutto sommato semplice come quello della deprivazione sensoriale (nel 2011 ce lo riproporrà anche Perfect Sense con la splendida Eva Green, realizzando un film tutto sommato godibile) e, invece di farne un film drammatico e personale su una vicenda magari famigliare di una persona che perde la vista, lo si estende ad un livello molto più ampio, di un virus con annessa pandemia estesa, confezionando un film che, a parer mio, funziona molto bene. 

E’ una di quelle visioni in grado di scatenare il pensiero del ‘..se capitasse davvero’ e che, di conseguenza, coinvolge.
Davvero consigliato, nel caso vi fosse sfuggito.


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